Smart working, il futuro delle aziende in Italia

È una tendenza principalmente nord-europea, ma anche da noi sta prendendo piede: quella dell’orario di lavoro flessibile, unito a una sempre maggiore autonomia gestionale per dipendenti e collaboratori. Il 55% delle imprese italiane, infatti, ha scelto lo smart working come strumento di lavoro agile e moderno. Recenti studi hanno dimostrato come la tecnologia possa rappresentare per la produttività un’ottima strategia aziendale. Le imprese, dal canto loro, ne sono sempre più convinte. Ma non abbastanza.

La realtà dei fatti, in Italia, è che permangono ancora barriere allo sviluppo dello smart working: sicurezza e privacy, prima di tutto. La sicurezza informatica, che altrove ha raggiunto livelli eccellenti, da noi è ancora rallentata: dalla normativa vigente, in primis, e dalla tecnologia stessa, impreparata a fare quel passo in più che porterebbe più agilmente al lavoro flessibile. In questo quadro rientra anche il tema della governance aziendale e del controllo: adattarsi agli stili di lavoro del futuro significherebbe mettere al centro le persone, le loro esigenze e le loro competenze, e forse, da un punto di vista strettamente culturale, tutto ciò richiederebbe un upgrade di fiducia reciproca (tra datore di lavoro e dipendente) che ancora nel nostro Paese deve maturare.

Quel che è certo è che il luogo di lavoro – inteso come ambiente fisico e umano – è sempre più importante per un dipendente. E se il dipendente in questione è altamente qualificato, se si porta dietro un background di studio e formazione all’estero, le aziende sanno di avere di fronte una risorsa da attrarre e da conquistare. Pertanto la tendenza si divide: da una parte le aziende pronte a investire nel miglioramento dei propri spazi (secondo alcune stime, sarebbero il 44%), dall’altra quelle pronte a lasciare sempre più autonomia di gestione ai propri collaboratori, con la convinzione che sia il prodotto finale ad avere valore, e non il tempo e le modalità impiegati per ottenerlo.

L’ideale sarebbe, al momento, un approccio integrato, in cui si uniscano le esigenze dei lavoratori – sempre più combattuti nella conciliazione di vita privata e vita professionale – e quelle delle aziende, per quanto riguarda monitoraggio e raggiungimento degli obiettivi. Tutto questo prende il nome di work life balance e prevede negli anni a venire la messa a punto di programmi di smart working, sostenuti da politiche ministeriali che tengano conto del cambiamento in atto, delle esigenze di sicurezza informatica e soprattutto del contesto europeo ed extra europeo come guida nella trasformazione. 

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