I risparmi in contanti valgono la metà. E l'economia si blocca
Brutte notizie per le famiglie italiane che negli ultimi anni hanno scelto di tenere le loro liquidità bloccate: secondo uno studio realizzato dal Sole 24 Ore, mille euro messi “al sicuro” 20 anni fa oggi, a causa dell’inflazione che riduce il potere d’acquisto, oggi valgono 588 euro. Poco più della metà.
Dal punto di vista dell’economia reale, questa tendenza delle famiglie italiane rappresenta un’occasione persa, un processo di investimenti mancato e quindi una crescita economica non realizzata. Sarebbero infatti 1.400 i miliardi di euro tenuti in contati o su depositi bancari da famiglie e aziende italiane. Sì, perché anche le aziende hanno la loro parte mancata: è questo forse il danno più evidente.
E il panorama dei conti correnti non regala spiragli di luce, perché oltre ad offrire rendimenti pari a zero, fanno gravare sui correntisti spese di gestione molto più alte di altri paesi europei. I costi superano di gran lunga gli interessi eventualmente maturati.
Il rapporto «Gli italiani e la ricchezza. Affidarsi al futuro, ripartire dalle infrastrutture», realizzato dal Censis per Aipb (Associazione italiana Private banking) mostra ancora una grande predilezione degli italiani per il contante, amatissimo strumento contro l’insicurezza. Nel 2018 contanti, depositi bancari e riserve assicurative l’hanno fatta da padrone, mentre sono crollati titoli obbligazionari e azioni.
Da questo quadro deriva anche un’idea precisa sulla tassazione: per il 76,8% degli italiani, contante, soldi tenuti fermi sui conti e investimenti finanziari non devono essere tassati in misura maggiore delle risorse che invece vengono investite nell’economia reale.